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L'altra verità

di Alda Merini

Edizione Rizzoli

Pagine 160 Prezzo Euro 12,00

 
http://rcslibri.corriere.it/libri/
 
“Ma il giorno che ci apersero i cancelli, che potemmo toccarle con le mani quelle rose stupende, che potemmo finalmente inebriarci del loro destino di fiori.
Divine, lussureggianti rose!
Non avrei potuto scrivere in quel momento nulla che riguardasse i fiori perchè io stessa ero diventata un fiore, io stessa avevo un gambo e una linfa.”
A. M.
Il Diario di una diversa di Alda Merini non è un documento, né una testimonianza sui dieci anni trascorsi dalla scrittrice in manicomio. È una ricognizione per epifanie, deliri, nenie, canzoni, disvelamenti e apparizioni, di uno spazio – non un luogo – in cui, venendo meno ogni consuetudine e accortezza quotidiana, irrompe il naturale inferno e il naturale numinoso dell’essere umano. [...]
Nello spazio che gli uomini sentenziano “malato” nulla accade che non sia apparizione, che non porti seco una dimensione enorme di bagliore, e non venga avvolto in una gigantesca, mostruosa vestizione d’ombra. Questo libro, nato da una esperienza da cui non pare lecito salvarsi, ha in sé una elastica, fantastica, selvatica irruenza; la forza ilare e minatoria delle parole, delle frasi, del “loro destino di fiori” ininterrottamente propone un disegno di gioia, una nitidezza amorosa che non solo non paventa, ma sembra scegliere lo spazio infernale come luogo fatale della propria nascita e letizia.
Incredibilmente, lo scatto, la lattile consistenza verbale, offrono una sorta di sconvolgente letizia, quale è possibile solo nel luogo retto e posseduto dalle parole. Credo che di rado sia stata più fermamente sperimentata la qualità empirea della parola impegnata nella ricognizione dell’inferno; la felicità di questo testo di Alda Merini non è altro che l’incontro con la perfezione del dolore; la salvezza è il battesimo verbale della disperazione.
Grazie alla parola, chi ha scritto queste pagine non è mai stata sopraffatta, ed anzi non è mai stata esclusa dal colloquio con ciò che apparentemente è muto e sordo e cieco; la vocazione salvifica della parola fa sì che il deforme sia, insieme, se stesso e la più mite, indifesa e inattaccabile perfezione della forma.
Solo angeli e dèmoni parlano lo stesso linguaggio, da sempre. – Giorgio Manganelli

Alda Merini è nata a Milano il 21 marzo 1931. Ha esordito, a soli sedici anni, sotto l’attenta guida di Angelo Romanò e Giacinto Spagnoletti. La sua prima raccolta di poesie, La presenza di Orfeo, uscita da Schwarz nel 1953 con una presentazione di Spagnoletti, ebbe grande successo di critica. Successivamente furono pubblicati: Paura di Dio (Scheiwiller 1955), Nozze romane (Schwarz 1955), Tu sei Pietro (Scheiwiller 1962). Le quattro raccolte di versi sono state riunite con il titolo La presenza di Orfeo da Scheiwiller nel 1993. Dopo vent’anni di silenzio, dovuto alla malattia, sono apparsi: La Terra Santa (Scheiwiller 1984), Testamento (Crocetti 1988), per Einaudi Vuoto d’amore (1991), Ballate non pagate (1995), Fiore di poesia (1951-1997) (1998), Superba è la notte (2000); per Frassinelli L’anima innamorata (2000), La carne degli angeli (2003), per Rizzoli aforismi e magie (1999, BUR 2003) e La volpe e il sipario (2004). Con L’altra verità. Diario di una diversa (apparso per la prima volta presso Scheiwiller nel 1986, ripubblicato da Rizzoli in un’edizione ampliata nel 1997, e adesso riproposto con due poesie inedite) inizia la sua produzione in prosa, a cui sono seguiti, tra gli altri, Delirio amoroso (il Melangolo 1989 e 1993), Il tormento delle figure (il Melangolo 1990), La pazza della porta accanto (Bompiani 1995), La vita facile (Bompiani 1996), Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi (Rizzoli 1998) e Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta (Scheiwiller 1999). Nel 1993 ha ricevuto il Premio Librex – Guggenheim “Eugenio Montale” per la Poesia, nel 1996 il Premio Viareggio, nel 1997 il Premio Procida – Elsa Morante, nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Settore Poesia e nel 2002 le è stato attribuito da Comune di Milano l’Ambrogino d’oro.