FONDAZIONE ITALIA®
 
PRIMA PAGINA INDICE
 
 

La Sicilia è un'isola; il suo ponte è il mare

 
 


 

- Per favore, non disturbate la Fata Morgana! - Lo dico a coloro che hanno intenzione di piantare i pilastri sulle due sponde ballerine per congiungere con una gigantesca campata quel che la natura separò.

A nulla è servita l'esperienza di Serse, il re dei Persiani il quale, volendo cancellare il guado dell'Ellesponto con un ponte di barche, provocò l'ira degli dei che decretarono la sua sconfitta. Oggi gli dei non ci sono più; gli scienziati hanno preso il loro posto e non temono i vortici nello Stretto né la furia dei venti di cui hanno individuato i canali per secondarli al fine di non incorrere nelle loro ire. Oggi, della mia raccomandazione di non turbare il desiderio della Fata Morgana di emergere dagli abissi marini dove dimora insieme con Colapesce, molti se ne ridono! E non ascoltano le mie preoccupazioni che il ponte, approdando a nord della città, significherebbe dimenticare Messina. Già ora essa è in genere una tappa, domani non sarebbe nemmeno quella.

Metafore e reminescenze mitologiche o leggendarie a parte, il concetto del Ponte fu la meraviglia della fine dell'Ottocento: allora non c'erano traghetti veloci, aliscafi, elicotteri, aerei; oggi il Ponte è un anacronismo valido solo per soddisfare la vanità di alcuni e come tutti i colossi non esclude di avere, imprevedibile e imprevisto, un piede di argilla.

So che a parlare del ponte sullo Stretto si incorre in un'altra insidia: quella di dare a una espressa opinione, basata sulla ragione o sulla fantasia, una forte impronta politica. Sulla base di questa meschinità retorica il "sì" al ponte è di destra e il "no" è di sinistra. Certo io non posso essere classificato di sinistra; è una vita che combatto nel mio piccolo il comunismo ieri, colpevole di infamie liberticide, genocidi, ingiustizie sociali, e oggi i suoi ipocriti derivati multicolori dalla memoria corta e dalla ragione nulla. Dico questo perché mi ha positivamente colpito invece quel che ho sentito dire da Pecoraro Scanio nel corso di un talk-show sulla "7". È costui un fazioso così scoperto e condizionato dai preconcetti a cui si lega preventivamente al punto di pregiudicare la sua credibilità anche quando dice cose possibili o addirittura giuste. Con mia meraviglia egli ha esposto il suo punto di vista sul ponte con un garbo, un ordine, oserei dire una sintassi da risultare convincente e in ogni modo assennato e logico. Il suo abituale tono sprezzante era sparito, quel sorrisetto ironico che risulta per molti irritante, pure.

Sembrava un altro. Intendiamoci, gli argomenti erano quelli sostenuti da quanti sono contrari al ponte, ma erano esposti con garbo, con una disponibilità al confronto che mi ha sbalordito. Diceva: perché fare il ponte, impiegare ingenti capitali e risorse titaniche, mentre in Sicilia da decenni le autostrade aspettano di essere completate, gli acquedotti sono insufficienti, i treni viaggiano su binari unici, tesori d'arte sono pressoché irraggiungibili per un'insufficienza viaria. E cosi via. Io avrei aggiunto: perché non ripristinare l'aeroporto di Comiso lasciato in piena efficienza dagli americani? Da quegli americani di cui la cultura di sinistra si ostina a diffidare anche quando portano doni? Comiso è nel cuore della Sicilia archeologica e barocca; per raggiungerla i visitatori nazionali e stranieri devono percorrere itinerari complicati, in macchine su strade talvolta impervie o in treno con percorsi lenti e sconfortevoli, mentre basterebbe scendere i gradini di una scaletta di aereo per trovarsi nel pieno della magia dell'arte e della natura. L'aeroporto di Comiso è inutilizzato, è diventato prima campo profughi, quindi un pascolo per capre...

Quel che però in questa occasione mi preme dire è quanto segue: perché Pecoraro Scanio non si occupa di ambiente con la competenza e la serietà di cui è capace secondo il saggio che ha dato quella sera invece di fare il politicante umorale, viscerale, isterico? Sia ben chiaro la questione è da porsi non solo a lui ma a tutti quanti noi. Quando la finiremo di mettere tutto in politica? Quando ci decideremo a trattare i problemi in sé e non secondo soluzioni prefabbricate conformi a un nostro angusto punto di vista dettato dalla politica della parte a cui riteniamo di appartenere?

Per tornare al ponte sullo Stretto lasciate che esponga sommariamente quanto ho dichiarato con più ampie giustificazioni altre volte. Io sono irriducibilmente contrario al ponte perché attribuisco all'insularità della Sicilia una importanza non solo metaforica. L'insularità è il segreto della autonomia della nostra cultura. È la tesi sostenuta anni fa da Oreste del Buono insospettabile come sciovinista poiché siciliano non era. Noi abbiamo subìto molte invasioni portatrici di culture diverse. Come si giustifica il fatto che la Sicilia non conosca soluzioni di continuità da Epicarmo a Gorgia a Pirandello, solo per ricorrere a un esempio facile? Com'è possibile che la nostra cultura possegga una coerenza e, appunto, una autonomia che persino culture nazionali non sempre hanno? Noi abbiamo accolto gli invasori da tutti i mari, li abbiamo metabolizzati e poi restituiti con qualche cosa in più; così la risacca deposita sulla battigia i suoi detriti e poi ritirandosi li riporta via arricchiti di detriti trovati sulla riva.

La Sicilia è un'isola; il suo ponte è il mare.

 Turi Vasile