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L'Accademia dei Lincei compie 400 anni
Le celebrazioni inizieranno questo autunno e  proseguiranno per tutto il 2003. Voluta da Federico Cesi nel 1603 per promuovere le scienze fisiche e matematiche, morali e filologiche, l'Accademia ebbe tra i suoi iscritti più illustri Galileo
Federico Cesi Galileo Galilei
L'Accademia dei Lincei si appresta a festeggiare i 400 anni di attività. Le celebrazioni inizieranno ad autunno e proseguiranno per tutto il 2003.

L'Accademia, tempio della scienza e della cultura italiana, si può far risalire al 17 agosto 1603. Fu il principe Federico Cesi a volerne la nascita, con lo scopo di promuovere le scienze fisiche e matematiche, morali e filologiche.Rampollo di una nobilissima famiglia romana, Federico Cesi manifestò giovanissimo un forte impegno per il rinnovamento della cultura tradizionale, forse anche sotto l'influsso di J. Van Heeck. Tale impegno si manifestò soprattutto nella fondazione e nel sostegno che prestò all'Accademia dei Lincei. Ebbe rapporti particolarmente affettuosi con Galileo al quale prestò notevole sostegno, soprattutto nello scontro dello scienziato pisano con le autorità ecclesiastiche, facendo leva anche sulla sua posizione influente nel patriziato romano. Cesi si dedicò con profitto a studi di botanica e naturalistici in genere. Notevole è anche un suo scritto sulla opportunità di procedere a una radicale riforma del sapere. La sua morte improvvisa portò alla dissoluzione dell'Accademia e lasciò Galileo solo di fronte alle sovrastanti forze dei suoi avversari. Si deve al Cesi la denominazione di telescopio per lo strumento messo a punto da Galileo. Più tardi (1624), Cesi approverà la denominazione di microscopio escogitata dal Faber per l'occhialino inventato da Galileo.

L'emblema della lince, animale dalla vista proverbiale - racconta l’attuale presidente Edoardo Vesentini, illustre matematico del politecnico di torino - fu scelto per significare l'acutezza dello sguardo intellettuale che deve caratterizzare lo scienziato. L'Accademia intuì il potenziale rivoluzionario insito nelle scoperte celesti di Galileo del 1610 grazie al cannocchiale. Celebrò Galileo e ne sollecitò l'iscrizione all'Accademia, avvenuta il 25 dicembre 1611. Successivamente sostenne la battaglia dello scienziato pisano contro gli esponenti della cultura tradizionale e, più tardi, contro l'opposizione delle autorità ecclesiastiche. Decaduta alla morte del Cesi, una nuova spinta alle attività dell’Accademia fu data nel 19° secolo da Quintino Sella.

 Per il quattrocentesimo anniversario è stato istituito dal ministero per i Beni culturali un comitato nazionale che sta predisponendo una vasta serie di iniziative celebrative. La prima sarà una mostra storico-documentaria con una gran quantità di cimeli inediti, che restera' aperta tra il novembre 2002 e il giugno 2003 a Roma, nello storico palazzo Corsini. Poi l'esposizione sarà ospitata a Bruxelles, in occasione del semestre di presidenza italiana dell'unione europea. Tra il novembre 2002 e il gennaio 2003 a Roma, presso il palazzo Fontana di Trevi, sede dell'istituto nazionale della grafica, sarà aperta la mostra "Il trionfo sul tempo": saranno presentati circa 200 manoscritti rari, in pergamena e carta, scritti ed illustrati fra il XII e il XVIII secolo, posseduti in gran parte dalla biblioteca dei Lincei.

Tra il novembre 2002 e il 2004 a palazzo Corsini si terrà una mostra di atlanti geografici e tolomei, tutti documenti rarissimi di proprietà dell'accademia. Sono previsti anche numerosi convegni, ad esempio su Federico cesi, la nascita delle accademie europee, l'enciclopedismo europeo. Il presidente Vesentini ha annunciato anche pubblicazioni di volumi sulla storia della cultura e della scienza, presentazione di manoscritti inediti e riproduzione di opere rare.

 

Il principe Federico Cesi, fondatore nel 1603 dell'accademia dei Lincei, fu grande sostenitore degli studi e delle scoperte del matematico fiorentino, come risulta da un intenso carteggio tra i due e dagli atti in continua difesa della "nuova scienza" propugnata da Galileo in cui il principe si profuse fino alla morte.
Scriveva ad esempio Federico a Galileo il 20 Giugno 1612:
"talvolta considerando cose celesti e mondiali, veggio che m’aggraderebbe molto il sistema coperniceo, quando togliesse via affatto gl’eccentrici e l’epicicli . . ."

E Galileo rispondeva il 30 Giugno:
"Ho sentito con gusto che V.S. illustrissima si occupi tal volta nella contemplatione del sistema coperniceo, et non senza inclinatione all’anteporlo al Tolemaico, e massime se con quello si potessero totalmente levare gli eccentrici e gli epicicli. Circa il qual particolare, io voglio solamente rappresentare a V. E. quello che Ella sa molto meglio di me, et è che noi non doviamo desiderare che la Natura si accomodi a quello che parrebbe meglio disposto et ordinato a noi, ma conviene che noi accomodiamo l’intelletto nostro a quello che Ella ha fatto, sicuri tale esser l’ottimo et non altro; e perché Ella sia compiaciuta di far muovere le stelle erranti circa centri diversi, possiamo esser sicuri che simile costituzione sia perfettissima et ammirabile et che l'altra sarebbe priva d'ogni eleganza, incongrua e puerile."

Ma i due "grandi" del seicento furono soprattutto accomunati dal disprezzo per i filosofi del tempo , fedelissimi della filosofia peripatetica e aristotelica verso cui così si esprime F.Cesi: "Non posso fare a meno di deplorare quella specie di malattia di molti filosofi del nostro secolo, per cui essi sogliono non solo astenersi dagli esperimenti e dalle osservazioni, ma addirittura ne hanno il massimo diprezzo; non sono infatti pochi coloro che non solo detestano il telescopio, da cui viene potenziata la vista umana, lo stesso Galileo che ci ha svelato tanti fenomeni celesti ignoti agli antichi - nuovi pianeti, nuove stelle fisse, nuovi aspetti degli astri ma privati anche della semplice visione oculare, preferiscono volontariamente travedere e inoltrarsi per un'antica selva, ammaliati dall'opinioni di alcuni antichi autori".
I legami di reciproca stima durarono fino alla morte del principe, morte che fu sicuramente causa non secondaria del processo e della condanna di Galileo. Così scrive lo scienziato il 6 Agosto 1630 (F. Cesi era morto il 1° Agosto): "...sono stato lì mesi passati a Roma per licenziare i DIALOGHI che scrivo esaminando a lungo due sistemi massimi Tolemaico e Copernicano…et se era altra stagione, mi sarei fermato lì e fatti stampare; ovvero gl'havrei lasciati in mano dell' Ecc.mo Sig. Principe Cesi, il quale si sarebbe presa tal cura, come ha fatto di altre mie opere; ma sua Ecc.za si sentiva indisposta, e quello che è peggio, hora si intende che sia in estremo…" .