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Nuovo appuntamento per la mostra di dipinti e incisioni dedicata da Maurizio Carnevali a  "L'homme qui rit" di Victor Hugo: inaugurazione, aperta al pubblico, alle h. 18.00 di lunedì 9 dicembre presso il Comune di Catanzaro; interverranno il critico Pina Majone Mauro e il cultore di musica francese Pasquale Porchia.  La mostra, patrocinata dall'Alliane Francaise di Catanzaro, diretta da Fernanda Tassoni, sarà in esposizione fino al 20 dicembre. Chiunque desiderasse maggiori informazioni o il catalogo, può rispondere a questo indirizzo di posta elettronica o rivolgersi all'organizzazione: Il Laboratorio del Sileno, via Cristoforo Colombo, 40, 88046 Lamezia Terme (CZ).<sileno@i2000net.it>
 

Introduzione alla mostra

di Giorgia Gargano

A partire dal mese di novembre 2002, si inaugura con l’esposizione presso la Casa delle Culture di Cosenza, il lungo itinerario culturale in programmazione per la mostra di dipinti e incisioni di Maurizio Carnevali: "Omaggio a Victor Hugo: L’homme qui rit". La mostra, che verrà prevalentemente patrocinata dalle Associazioni di Cultura italo-francese delle città ospitanti, è stata promossa e organizzata dal Laboratorio del Sileno a cura di chi scrive, organizzazione che da diversi anni è una realtà affermata nel campo delle edizioni d’arte e delle incisioni calcografiche, realizzate presso i propri torchi di Lamezia Terme.

Carnevali quest’anno ha scelto di ispirarsi a uno dei romanzi più controversi di Hugo, ambientato in un’Inghilterra guardata attraverso il disincanto degli occhi di un misero gruppo di saltimbanchi, che deve la propria fortuna alla deformità della sua maschera protagonista: Gwynplaine, il volto trasformato da neonato in una smorfia di eterno sorriso per il diletto di nobili annoiati e poi venduto ai comprachicos, organizzazioni zingaresche terrore delle famiglie povere di Francia che d’Inghilterra. Gwynplaine non sembra conoscere l’orrore disegnato sul proprio volto, fin quando, vagante in una notte flagellata da tempeste e nevicate, non raccoglie Dea, una neonata cieca semisepolta dalla neve, abbracciata al corpo ormai intirizzito della madre, poco prima che il freddo mortale di quella la contagi. Ursus, un erudito autore di commedie popolari, accoglierà i due bambini e, suo malgrado, farà loro prima da balia, poi da tutore, infine da impresario, sostentando la piccola famiglia con spettacolini che altro non sono che la pantomima del sentimento puro, profondo, irreale, che unisce inesorabilmente Gwynplaine a Dea. La scoperta della discendenza nobile di Gwynplaine sconquasserà gli equilibri attraverso i quali la cecità di Dea poteva armonizzare con l’orrore del volto dell’adorato compagno, e forzatamente condurrà il protagonista a confrontarsi, lui guitto, con un mondo che non conosce, non approva, non può penetrare, e infine, ma troppo tardi, rigetta.

La critica sociale, da sempre tra i cardini della poetica di Victor Hugo, è più violenta e cruda che mai in questo romanzo. Per questo, chi conosca i temi prediletti da Carnevali non si sorprenderà per l’incredibile capacità di messa a fuoco dei caratteri così apparentemente delineati, così tragicamente interiori, dei personaggi de "L’homme qui rit": pittore dei diversi nel ciclo "Labirinthos", dove troneggiavano un Minotauro vittima della propria deformità ed un’Arianna pietosa e fragile di fronte al potere costituito di Teseo; nel ciclo "Petrushka", dove la favola russa si tramutava in un inquietante triangolo di passione tra tre burattini trasformati in esseri umani per volere di un destino con il volto di un sadico spietato burattinaio; infine nel ciclo "Omaggio a Fabrizio de Andrè", cantastorie dei derelitti e delle prostitute, magnifici nella non-volontà di ribellione alla propria miseria.

Carnevali ha dato un volto ad esseri tra il mostruoso e il fantastico già scolpiti dalle parole di Hugo, dove mostruosi non sono i volti degli uomini, ma le loro anime. E chi guarderà i quadri di Carnevali proverà forse commozione per lo sguardo tenerissimo di Gwynplaine, l’uomo senza espressioni, e astio invece per la provocatoria, esagerata, lasciva bellezza della duchessa Josiane, la capricciosa scardinatrice della vita dei tre protagonisti.

A tratti vorrei non averlo letto, questo libro, godendo intimamente della contraddizione dell’attesa di poter provare - di nuovo e per la prima volta - la meravigliosa sensazione di sperdimento nelle spire delle parole di Hugo. Ogni pagina di questo libro è divenuta, non solo per chi ci ha lavorato, come noi, per tanti mesi, ma anche per tanti lettori, un simbolo, poi quasi un feticcio, da riprendere, rileggere, riscoprire infinite volte. E dopo aver visto la mostra di Carnevali, un sogno si aggiunge al sogno: Gwynplaine non potrà mai avere un volto che gli assomigli di più. Due anime grandi si sono incontrate in una dimensione che non ha limiti di tempo: quella di uno scrittore immortale e quella di un pittore di oggi, che non teme le sfide e osa amare la verità del sentimento.