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La Camera dei rappresentanti USA ha restituito ad Antonio Meucci il merito di aver inventato il telefono, che non brevettò perché non aveva i soldi.

Meucci ospitò in casa l'Eroe dei Due Mondi, che arrivò nel 1851 in cattiva salute e ci abitò per due anni.

A 113 anni dalla sua morte, Antonio Meucci, emigrato fiorentino, inventore geniale, ma squattrinato e poco pratico di inglese, s'è visto riconoscere i suoi meriti dal Congresso degli Stati Uniti.

Approvando per acclamazione una risoluzione presentata dal deputato italo-americano Vito Fossella, dello Stato di New York, la Camera dei Rappresentanti ha proclamato Meucci “inventore del telefono”. Forse, prima o poi, anche i libri di storia degli studenti americani riferiranno, come da sempre fanno quelli italiani, che il telefono è un'invenzione di Meucci. La risoluzione della Camera conferma che il suo rivale, Alexander Graham Bell, un americano d'origine scozzese, gli sottrasse la gloria e il successo, soltanto perché aveva i soldi per brevettare l’invenzione.

Il voto è anche frutto del lancio, da parte di un museo di New York, di una campagna per riconoscere i meriti dell'inventore fiorentino, che non riuscì, per mancanza di soldi e anche perché ''non imparò mai l'inglese abbastanza bene da cavarsela nelle procedure burocratiche”, a brevettare la sua scoperta, che gli venne così 'rubata' da Bell. La risoluzione della Camera prende atto di tutto il percorso da inventore di Meucci e delle circostanze avverse che gli impedirono di farsi riconoscere e di sfruttare commercialmente l'invenzione del telefono e riconosce la sua carriera “straordinaria e tragica”. “La Camera ritiene che la vita e i risultati di Antonio Meucci debbano ottenere il giusto riconoscimento e che il suo lavoro e l'invenzione debbano essergli attribuiti”.

La risoluzione della Camera è una rivincita postuma per Meucci e uno smacco per Bell ed è l'apoteosi della campagna condotta dal 'Garibaldi-Meucci Museum' di Staten Island, piccolo tempio dell'italianità newyorkese. ''Il telefono l'ha inventato lui, ma è stato sfortunato”, andava sostenendo Emily Gear, la giovane direttrice del museo, secondo cui la saga del fiorentino “rispecchia il dramma di tanti immigranti anche oggi, discriminati e condannati al fallimento perché non sono in grado di parlare la lingua del Paese che li ospita”.

Il Museo, che si prefigge di essere un centro di diffusione della lingua e della cultura italiana a New York, potrà avere un ruolo per far conoscere anche agli americani la storia di Meucci. Tra gli oggetti che ci sono esposti, c’è la camicia rossa che Giuseppe Garibaldi indossò nel 1849 durante la difesa di Roma. La giubba si trova lì perché Meucci accolse in casa l'Eroe dei Due Mondi, che arrivò nel 1851 in cattiva salute e ci abitò per due anni. A Garibaldi, è dedicata una metà del museo, l'altra è tutta riservata a Meucci. Sono esposte le sue invenzioni, a partire dal 'telettrofono' con cui l’inventore dal suo laboratorio si teneva in contatto continuo con la moglie, costretta a letto dall’artrite.